I processi di lavorazione

Pressocolata

Si tratta del processo di colata e formatura di un getto più veloce tra quelli esistenti. La lega fusa viene iniettata all’interno della cavità di uno stampo (che ha una forma negativa rispetto al pezzo da ottenere) e la riempie in tempi indicativamente compresi tra 30ms e 300ms, dipendentemente dal peso del getto, quindi dalla quantità di metallo da utilizzare.

Nonostante la velocità richiesta, la pressocolata è una lavorazione estremamente complessa, ma si possono individuare alcuni passaggi principali che descrivono il processo:

  • Riempimento del contenitore di iniezione: Si tratta della fase durante la quale il materiale fuso viene condotto dal forno di attesa fino al contenitore di iniezione della pressa, una parte di macchinario che la interfaccia direttamente con lo stampo.

  • Riempimento della cavità dello stampo: É alla fine della fase di riempimento del contenitore che comincia l’iniezione vera e propria. Il pistone che spingerà il metallo fuso nella cavità dello stampo viene avviato prima lentamente (0,1-0,5 m/s), per portare il materiale all’attacco di colata con la minor turbolenza possibile, per poi accelerare fino a 1,5-8 m/s in pochi millisecondi. Durante questa fase si raggiungono picchi di pressione dinamica che si aggirano mediamente intorno ai 500bar, in casi particolari anche 1000bar. Questo comporta elevatissime sollecitazioni termiche e meccaniche nel sistema: il primo elemento che le sopporta è lo stampo, di qui l’esigenza di una sua progettazione robusta, che includa la scelta dei materiali più adeguati a realizzarlo e l’esecuzione rigorosa di trattamenti termici. Nonostante tutto, gli stampi non sono eterni: la loro vita ha una durata variabile che si colloca tra le 80.000 e le 250.000 iniezioni, dipende dal disegno del getto, dalle sue esigenze cosmetiche e della lega richiesta per la sua realizzazione.

  • Solidificazione del metallo nello stampo: Al termine del riempimento della cavità dello stampo, il metallo fuso comincia a raffreddarsi e a solidificarsi: questo porta a una contrazione del materiale, che potrebbe causare porosità da ritiro. Per evitare che questo difetto si presenti nel getto, è necessario annullarlo o almeno ridurlo tramite un’ulteriore applicazione di pressione, che spinge il metallo ancora liquido, presente nel canale di colata o già all’interno dello stampo, verso i punti interessati. Tale pressione può essere esercitata dal pistone d’iniezione stesso (opzione più comune), oppure da pressori locali chiamati “squeeze pins”. Questa fase è contemporanea al raffreddamento del materiale iniettato e porta, finalmente, alla formazione del getto, a seguito della sua completa solidificazione.

  • Apertura dello stampo ed estrazione del pezzo: Si procede con l’estrazione dallo stampo una volta che il getto ha raggiunto una temperatura compresa tra i 250 e i 400°C, si è solidificato ed è dimensionalmente stabile: ciò avviene dopo un certo intervallo di tempo, chiamato “tempo di raffreddamento”. Questo valore non può essere fissato arbitrariamente, in genere viene stabilito dalle simulazioni di riempimento per essere confermato sperimentalmente: dipende dalla temperatura dello stampo e del metallo durante la lavorazione, dalle caratteristiche della lega impiegata e dalla capacità dello stampo di disperdere calore.  

  • Lubrificazione dello stampo: Prima di ogni iniezione, lo stampo viene spruzzato con una sostanza lubrificante in sospensione di acqua (grafite, olio, cera, combinazioni degli stessi) che va a formare una pellicola sottilissima, che ricopre completamente la cavità. L’acqua, da semplice vettore delle particelle lubrificanti, evaporando assume un ruolo fondamentale nel raffreddamento dello stampo: asporta quella parte di calore (acquisito dal flusso di materiale durante la fase di solidificazione) che non è stata, o non può essere dispersa dai circuiti di termoregolazione dello stampo stesso. Lo strato oleoso più superficiale del lubrificante, invece, sublima a contatto con il flusso di materiale, creando un cuscinetto d’aria che impedisce alla lega liquida di venire a contatto con la superficie dello stampo e microsaldarsi ad esso. Infine, la parte solida resta attaccata alla cavità dello stampo, facilitando l’estrazione del pezzo. Quello ad acqua è il processo di lubrificazione più comune, ma non è l’unico, esistono anche tecniche di lubrificazione a secco. Queste hanno, però, un’applicazione limitata ai casi in cui la geometria del pezzo consente la realizzazione di un uno stampo che presenti circuiti di termoregolazione atti a rendere bilanciato il suo ciclo termico.

  • Separazione del getto dagli sfridi di lavorazione: Con il pezzo vero e proprio solidificano anche gli elementi accessori che sono serviti a formarlo (canali di alimentazione o di colata, pozzetti di scarico, fagioli, etc.), così come bave in genere, che a volte si trovano sul getto anche per motivi tecnologici. La separazione di questi elementi dal getto può avvenire per tranciatura in ciclo con lo stampaggio (in automatico) o fuori ciclo (più o meno manuale): in entrambi i casi è necessaria la realizzazione di uno stampo di tranciatura, ovviamente dedicato al getto in lavorazione. Ad oggi, questa operazione nelle medie tirature viene eseguita solo automaticamente e, per limitarne i costi, viene normalmente fornita anche l’attrezzatura di tranciatura; per le piccole tirature, la scelta tra automatico e manuale è in funzione della complessità dell’operazione stessa, oppure di eventuali vincoli tecnologici. Un’alternativa alla tranciatura è la smaterozzatura manuale, alla quale segue una sbavatura o pulitura  del getto.

Lavorazioni meccaniche

Sebbene a questo punto del processo sia già stato ottenuto quanto di più vicino alla forma ed alle dimensioni finali, nella maggior parte delle applicazioni i getti necessitano di lavorazione meccanica, oppure di trattamenti volti a preparare le superfici per i processi di finitura. La scelta della lavorazione da applicare è determinata dal disegno del pezzo, mentre la scelta della macchina o della linea di lavorazione da utilizzare dipende da fattori tecnologici, qualitativi ed economici.

  • Lavorazioni CNC con macchine standard: Queste lavorazioni vengono applicate con le macchine utensili per asportazione di trucioli più comuni, che modificano il pezzo in modo diverso a seconda del macchinario utilizzato. Le fresatrici modellano il pezzo che viene fissato al piano di lavoro: l’utensile ruota intorno ad esso per asportare il materiale in eccesso dove necessario. Dall’altro lato, i torni sia verticali che orizzontali lavorano sul pezzo che viene fatto ruotare ed avvicinato all’utensile che, invece, rimane fermo. A questo macchinario, può essere integrato un sistema di brocciatura, che si serve di utensili specifici che possono praticare nel pezzo incisioni regolari mentre questo continua a ruotare su sé stesso. Le foratrici si usano per praticare dei fori tramite la rotazione di una punta nel pezzo che, come nelle fresatrici, viene fissato. Infine, si usano le rettificatrici per applicare al prodotto la rifinitura strutturale definitiva, andando, appunto, a rettificarne le geometrie.

  • Lavorazioni CNC con macchine dedicate: Queste particolari lavorazioni vengono effettuate con macchine a trasferta, macchine a pallet, linee di lavorazione o di assemblaggio. Rispetto alle macchine utensili standard, queste sono molto più complesse, molto meno versatili dal punto di vista dei movimenti e delle lavorazioni che possono effettuare, ma decisamente più veloci.

  • Trattamenti di preparazione superficiale: Simili nel principio alla sbavatura manuale, ma eseguite con appositi attrezzamenti o macchinari atti non solo ad aumentare la produttività, ma soprattutto a dare stabilità alla qualità ottenuta. Tra i processi di sbavatura si citano la sabbiatura (o graniglitura), la vibroburattatura, la sbavatura termica o quella criogenica. In ogni caso, i pezzi vengono trattati con delle sostanze in grado di rimuovere i residui dei processi di lavorazione precedenti, dalle bave, alle incrostazioni, agli oli, etc. Per quanto riguarda la sabbiatura e la vibroburattatura, per eliminare tali difetti vengono spruzzate sui pezzi delle sostanze abrasive sia in sospensioni acquose, che a secco. Nella sbavatura termica i getti vengono inseriti all’interno di un ambiente pressurizzato ed esposti alla combustione di gas metano: l’onda termica che ne consegue raggiunge circa i 3000°C in pochi millisecondi, abbastanza per ossidare le bave e distribuirle sottoforma di polvere sulla superficie del pezzo prima che questo venga danneggiato. La sbavatura criogenica sfrutta, invece, le bassissime temperature: i pezzi vengono trattati con azoto liquido, che irrigidisce le bave fino a renderle facili da staccare con un semplice urto.

Finiture superficiali

Qualora i pezzi necessitino di un miglioramento estetico o di ulteriori caratteristiche funzionali, quali la protezione da agenti esterni o lubrificazione superficiale, è necessario sottoporli a trattamenti di finitura. La qualità del risultato finale dipende molto da quanto la superficie del pezzo è stata precedentemente preparata da specifiche lavorazioni, se è stata levigata, burattata, lavata, etc.

  • Verniciatura: Questa lavorazione ha soprattutto la funzione di conferire al pezzo un colore, ma può anche avere l’obiettivo di proteggere la superficie del prodotto dalla corrosione o da agenti che potrebbero comprometterne le caratteristiche. La vernice può essere applicata secondo due modalità: sotto forma di polvere, o allo stato liquido. Nella verniciatura a polveri, il pezzo viene spruzzato di vernice e successivamente inserito in un forno, all’interno del quale la polvere fonde e poi polimerizza, andando a formare una pellicola sottilissima che aderisce in modo uniforme a tutte le superfici del prodotto. Anche nella verniciatura a liquido il pezzo viene messo all’interno di un forno dopo l’applicazione della vernice, ma in questo caso, l’obiettivo del macchinario è semplicemente quello di farla asciugare. Sul prodotto finito, la vernice applicata a liquido risulta molto più brillante rispetto a quella in polvere, ma non può competere per aderenza e resistenza.

  • Cataforesi: La cataforesi è un particolare processo di verniciatura, la cui funzione principale è conferire resistenza alla corrosione e ad altri agenti chimici.  Il pezzo viene immerso in un’apposita vasca contenente resina epossidica o acrilica, che si deposita sulla superficie del prodotto grazie ad una scarica elettrica che attraversa la vasca. Una volta estratto, il pezzo passa in un forno dove avviene la polimerizzazione della resina, passaggio che le permette di aderire uniformemente. Essendo sensibile al degrado da raggi UV, è però sconsigliata la sola applicazione della resina senza l’ulteriore protezione di una vernice, alla quale, in seguito al processo di cataforesi, è offerto un deciso miglioramento nell’adesione alla superficie del pezzo.

  • Trattamenti galvanici: Questo tipo di finitura consiste nella deposizione elettrochimica sulla superficie del pezzo di un sottilissimo strato di un metallo o di una lega, che conferisce al prodotto, oltre a proprietà estetiche, proprietà meccaniche, elettriche e ottiche. Il pezzo viene prima sottoposto alla sgrassatura chimica ed elettrolitica, successivamente, viene immerso in una soluzione acquosa contenente gli ioni del metallo scelto per il rivestimento e in essa viene condotta la corrente elettrica. Questa fa sì che, per effetto elettrochimico, gli ioni si ossidino e si depositino allo stato metallico sulla superficie del prodotto. Per aumentarne la resistenza alla corrosione, il pezzo viene poi sottoposto al processo di passivazione e, per finire, viene inserito in un forno ad aria per asciugare.

  • Altri trattamenti: Nei casi in cui il getto debba essere accoppiato ad altri elementi, rispetto ai quali sia necessario garantire un certo coefficiente d’attrito, si applicano delle sostanze lubrificanti che possono avere diverse proprietà, a seconda della richiesta (in grado di resistere alle alte temperature, ai carichi elevati, agli ambienti difficili, mantenendo invariate le loro prestazioni). Un altro tipo di finitura superficiale è l’anodizzazione: si tratta di un processo elettrochimico che causa la formazione di uno strato protettivo di ossido sulla superficie del pezzo trattato.

…ad ogni metallo la sua lavorazione

Alla G. Baggioli Pressofusione S.p.A. troverete ciò che vi serve per una produzione performante, di alta qualità ed al giusto prezzo: macchinari all’avanguardia, fasi di verifica e campionatura analizzate e supervisionate rigorosamente dalla nostra équipe, aggiornamenti regolari sull’andamento del processo e tempistiche competitive.

Il livello della tecnologia sfruttata al giorno d’oggi per la lavorazione delle leghe metalliche, è frutto dell’evoluzione simultanea dei rami della metallurgia e dell’ingegneria meccanica: quest’ultima è la branca che ha fisicamente permesso l’avanzamento tecnologico del settore.

La pressofusione in sé è solo una delle numerose tecniche di lavorazione dei metalli ed è anche relativamente giovane, le prime presse sono state brevettate nel XX secolo. Inoltre, rispetto ad altre tecnologie di formatura, presenta vantaggi che non si possono ignorare:

  • Prezzi più contenuti: la produzione di grandissime serie permette di ammortizzare al meglio le spese di acquisto dei macchinari.

  • Miglior “net to shape”: è il processo grazie al quale si possono ottenere prodotti con le forme più vicine in assoluto a quelle progettate.

Esistono tecniche e macchinari avanzati che offrono processi di lavorazione flessibili e adattabili alle nuove leghe metalliche, adatti a far fronte alla domanda in aumento di getti pressofusi da impiegare in qualsiasi settore. Dall’architettura, all’automotiva, dall’industria tessile, a quella navale, sono molti i campi che necessitano di pezzi pressocolati, per un elevatissimo numero di applicazioni.

Consulta la Lista dei Processi qui sotto per maggiori informazioni sulle lavorazioni che trattiamo!